Sabato, 29 Agosto 2020 16:25

Elica

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La doppia elica del DNA

 

Come una catena polipeptidica, anche una catena polinucleotidica, le cui unità monomeriche hanno una configurazione D, può adottare conformazioni elicoidali che soddisfano il principio dell’equivalenza.

Il caso più tipico e suggestivo , anche se non l’unico, è la celebre “doppia elica”. La catena polinucleotidica adotta una conformazione elicoidale destra caratterizzata da 10 unità monomeriche per spira. Nel modello inizialmente proposto da J. Watson e F. Crick due eliche coassiali antiparallele adottano la stessa conformazione e la “doppia elica” è caratterizzata da un asse binario perpendicolare all’asse elicoidale che correla però solo gli “scheletri” delle due catene.

Queste non sono infatti chimicamente identiche ma “complementari”. Se la catena 1 è caratterizzata ad esempio dalla sequenza:

A-T-C-G-A-T-T-T-G-C…

Delle 4 lettere dell’alfabeto (A,T,G,C) che denotano le basi puriniche Adenina (A) e Guanina (G) e le basi pirimidiniche Timina (T) e Citosina (C).

La catena 2 deve essere caratterizzata dalla sequenza:

T-A-G-C-T-A-A-A-C-G…

In modo che le due catene siano accoppiate nel modo seguente:

A-T-C-G-A-T-T-T-G-C…

T-A-G-C-T-A-A-A-C-G…

Che soddisfa la celebre regola di accoppiamento di Watson e Crick:

A¤T

G¤C

Basata sulla formazione di “legami idrogeno specifici”.

Le basi puriniche e pirimidiniche A,T,G,C, sono strutture planari contenute in piani perpendicolari all’asse della doppia elica.

Sarebbe però fuorviante ritenere che solo i legami idrogeno sono responsabili della stabilità energetica di una doppia elica.

Forze di Van der Waals ed altre deboli forze anche perpendicolari fra le basi stabilizzano una doppia elica, questa è infatti caratterizzata come un’a-elica o un cristallo molecolare da un elevata “densità di impacchettamento”. Come nel caso di un’a-elica sono le forze di Van der Waals e non i legami idrogeno a determinare il senso delle due eliche.

 

Il ripiegamento (“folding”) di catene proteiche:

il concetto di “molecola cristallo”

Le “proteine globulari” hanno molteplici funzioni essenziali nei sistemi viventi (dall’attività enzimatica a quella di trasporto, all’attività immunologica per citarne alcune). Tutte queste funzioni sono legate a meccanismi di “riconoscimento molecolare” ad esempio fra un “antigene” e il suo “anticorpo”. Il riconoscimento è regolato da interazioni multiple dovute a forze deboli.

La struttura interna delle proteine globulari è stata chiarita mediante l’impiego combinato di svariate metodologie chimico-fisiche. Fra queste la più decisiva si è rivelata la diffrazione dei raggi X introdotta a suo tempo in questo campo da J. D. Bernal, un geniale fisico irlandese. Uno straordinario esempio di “rigore scientifico” e “immaginazione artistica”.

J. D. Bernal aveva classificato le strutture proteiche in: a) “strutture primarie” corrispondenti alla sequenza degli amminoacidi, b) “strutture secondarie” corrispondenti a “conformazioni regolari” delle catene come nelle proteine fibrose, rivelatesi poi elicoidali, c) “strutture terziarie” cioè “ripiegate” e perciò globulari e d) “strutture quaternarie” cioè aggregati di strutture globulari come si sono rivelate l’emoglobina e la maggior parte degli involucri proteici dei virus.

Si può affermare come da tempo ho sostenuto che una catena polipeptidica ripiegata in una struttura terziaria è costituita da segmenti di lunghezza variabile, leggermente distorti talvolta in modo regolare (twisted) dalle 3 conformazioni elicoidali Ra, b, Ld da noi predette teoricamente per una catena omopolipeptidica (contenente L amminoacidi identici) e presenti nelle “proteine fibrose”. Nella struttura terziaria i segmenti elicoidali sono connessi da “giunzioni” contenenti a loro volta un numero variabile (generalmente piccolo di amminoacidi).

La struttura presenta una densità di impacchettamento simile a quella dei cristalli molecolari. D’altra parte i segmenti elicoidali sono soggetti alle stesse forze deboli che stabilizzano i cristalli molecolari: (forze di Van der Waals e “legami idrogeno”). Vi è inoltre da considerare il carattere “anfifillico” delle catene polipeptidiche. La maggior parte dei 20 amminoacidi costituenti possono essere infatti suddivisi approsimativamente in due classi: a) idrofili e b) idrofobi. La loro distribuzione lungo la struttura primaria non è uniforme.

Gli amminoacidi “idrofili” presentano elevata affinità per l’acqua mentre quelli “idrofobi” tendono ad evitare contatti diretti con molecole d’acqua. (Una molecola di alcol etilico si scioglie facilmente in acqua mentre una paraffina, una cera, è insolubile).

Il ripiegamento della catena polipeptidica anfifillica nella struttura terziaria di una proteina solubile in acqua (spesso in concentrazioni molto elevate) soddisfa la singolare condizione che gli amminoacidi “idrofobi” sono per la maggior parte “impacchettati” all’interno della struttura sotto l’azione delle forze di Van der Waals, mentre quelli idrofili sono situati all’esterno ed esposti ad interazioni con molecole di acqua. Questa situazione sembra “invertita” nel caso di proteine presenti nella struttura di membrane biologiche. Il solvente è in questo caso “idrofobo” ed è costituito dalle catene paraffiniche dei fosfolipidi della membrana (anche queste molecole sono anfifilliche, contenenti una testa idrofila in superficie e una catena idrofoba all’interno della membrana). Le strutture “terziarie” si aggregano all’interno della membrana spesso in strutture “quaternarie” che formano dei canali la cui apertura al flusso di molecole d’acqua e di ioni è regolata da transizioni conformazionali reminiscenti di transizioni di fase dei cristalli molecolari.

L’apertura dei canali in una membrana neuronale è associata all’impulso nervoso. I cosiddetti “anestetici fisici” costituiti da molecole molto semplici e chimicamente inerti possono o “ostruire” i canali di una membrana di una cellula nervosa (neurone) del cervello o bloccare le transizioni conformazionali delle proteine dei canali riempendo delle cavità molecolari al loro interno. (Ambedue le ipotesi appaiono ora plausibili).

In conclusione è del tutto sorprendente che una catena polipeptidica si ripieghi in una struttura terziaria sotto l’azione di vari fattori fisici dipendenti dalla struttura primaria in modo però meno rigido di quanto si pensava. “Omologie” cioè similarità anche modeste nella struttura primaria di una data proteina di specie diverse caratterizzate da spesso numerose sostituzioni di amminoacidi o di proteine diverse di una stessa specie aventi talvolta funzioni diverse possono consentire strutture terziarie molto simili.

In quest'ultimo caso si tratta di moltiplicazione di un gene le cui copie hanno subito mutazioni indipendenti. Un fenomeno questo fondamentale per comprendere l’evoluzione al livello molecolare.

Tutte queste considerazioni confermano il modello da me proposto anni fa e sostenuto da J. D. Bernal e J. Monod di una proteina globulare come “molecola cristallo”, un esempio molto diffuso in natura di “ordine senza regolarità". Tale modello suggerisce di trattare le strutture terziarie di proteine come molecole cristallo aperiodiche. Simmetrie spesso molto elevate si riscontrano invece nelle strutture quaternarie di proteine globulari. Tipica è la simmetria dell’emoglobina contenente 4 catene polipeptidiche identiche a coppie e dell’involucro proteico di virus elicoidali o poliedrici.

Catene nucleotidiche ripiegate

Un altro evidente caso di catene macromolecolari ripiegate è costituito dalle molecole di acido ribonucleico (t-RNA) capaci di legare chimicamente ad un terminale della catena i 20 L-a amminoacidi con una specificità determinata da una tripletta non terminale di basi. Questa straordinaria molecola è coinvolta nella “traduzione chimica” di un gene in una proteina mediante un meccanismo di riconoscimento fra triplette di basi dell’”RNA messaggero” e triplette specifiche dei 20 amminoacidi. Ciò attraverso la regola di accoppiamento:

A¤U

G¤C

Analoga a quella che regola il “riconoscimento” fra le due catene complementari di una doppia elica di DNA, e la trascrizione di un gene in una catena di “RNA messaggero”. In una molecola di t-RNA la catena ribonucleotidica è ripiegata in modo singolare come nella struttura terziaria di una proteina formando quindi una “molecola cristallo”, ordinata ma priva di regolarità.

Incidentalmente sono forse queste le molecole primordiali più importanti emerse nel corso delle origini della vita.

 

L’ordine nell’arte:

“Unicità e improbabilità”

In un celebre libro E. H. Gombrich, un grande studioso dell’arte, analizza “Il senso dell’ordine. Studio sulla psicologia dell’arte decorativa”.

Pur non essendo un critico o uno storico dell’arte, credo che una analisi critica della tesi principale di Gombrich può servire a mettere meglio in luce alcuni fondamentali rapporti fra arte e scienza ad un livello concettuale. L’autore tende ad identificare il concetto di ordine e regolarità (o simmetria), ma correttamente sottolinea che questa identificazione è valida soprattutto per l’”arte decorativa” come illustra con numerosi esempi.

Simmetrie apparenti sono anche presenti in numerose opere artistiche non “decorative”, come traslazioni, piani di riflessione ed assi di rotazione. Questi elementi sono però quasi spesso accompagnati da “violazioni” evidenti.

Mi sembra che il concetto di ordine nell’arte si debba più in generale ricondurre a quello di bassa probabilità e unicità delle “rappresentazioni” piuttosto che a quello di elevata regolarità e simmetria che apparentemente coesistono solo nell’arte decorativa così come nei cristalli molecolari.

Per illustrare meglio questa mia tesi prenderò come esempio il caso dei patterns del geniale artista olandese Escher.

 

I patterns simmetrici e non simmetrici di Escher

Com’è noto il geniale artista olandese M. Escher (discendete di un cristallografo) produsse oltre ad opere artistiche ricche di immaginazione e di “ambiguità”, dei “patterns” molto originali caratterizzati da una tassellazione (cioè riempimento) estremamente efficiente del piano con una densità eguale ad 1. Sono ben noti i “patterns” caratterizzati da elevata simmetria e da “unicità” come un cristallo molecolare bidimensionale. Piani di riflessione accoppiati a traslazioni sono gli elementi di simmetria più tipici. È anche possibile individuare una “cella elementare”. “Unicità” e “simmetria” coesistono quindi in questi patterns.

Meno noti sono invece i “patterns” di Escher dotati di “unicità” ma privi di elementi di simmetria. Anche questi patterns sono caratterizzati da una tassellazione molto efficiente del piano. Mentre però un pattern simmetrico può avere una estensione indefinita nel piano, come un cristallo molecolare nello spazio, l’estensione di un pattern non simmetrico è limitata nel piano come quella di una “molecola cristallo” è circoscritta nello spazio. Al di là di una certa distanza da un centro virtuale queste strutture tendono ad aprirsi.

Mi sembra che i rari patterns non simmetrici di Escher rappresentino l’esempio più rigoroso di ordine senza simmetria nell’arte.

D’altra parte appare evidente che il giudizio estetico, anche se suggestionato da un ordine caratterizzato da “unicità” e “improbabilità” può prescindere dalla presenza o assenza di simmetria. Considerazioni simili sono estensibili ai quadri di Kandinsky per fare un esempio ricchi di geometria e di ordine ma quasi privi di simmetria.

Si tratta ovviamente anche in questo caso di arte “non decorativa”.

 

 

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